Suppellettili


Gravido è il destino

nel grembo dell’alterità.

Suppellettili si stanziano assecondate dal silenzio,

soffocate nel marmo,

puntellato dal cosmo.

E il pulviscolo recalcitrante infrange la luce del dipanarsi mattutino

come microscopiche ombre silenziose si mescolano e si intona(ca)no con i pori delle pareti bianche.

E’ facile perdersi nel vischio, tra le nubi?

Qui ed ora, solido, asceso, l’arto infrange l’anta

che cigola e sbatte sul tendaggio sbranando il vetro,

e l’impeto ritorna a Kanawaga, dove l’ o n d a spumeggiante

attraversa l’ombra dell’eco del legno gracchiante;

di quelle navi ormai svanite,

saturando la bisaccia della luce di infinitesimali grani

come credi,

incastonati puri,

nelle lucenti mani.

Respiri.

 

 

 

Chiasso della vite (di Settembre)


Nel campo umano

come filari di bisce al sole

– si attraggono le viti –

– e si annodano le vite –

– si catturano le viti –

– e rifuggono le vite –

nel chiasso dell’estate va spremuta l’uva

come frattaglie sgocciolanti

si abbacinano nelle pieghe delle mani muschiose.

Il tino raccoglie la linfa

e come modesto mosto mostra la purea dei nostri mostri

A’ Dimora


Figliuledda,

venisti dal borgo

crescesti nel volgo.

 

Lasciasti a memoria

zoccoli e baldoria.

 

Nelle terre del Rinascimento,

trovarsi giovamento…

 

Nell’umile insenatura

spazzavi segatura.

 

Con la mano sul fianco

calibravi l’ammanco;

 

di coloro che ti facevan bruciare,

e a quegli zoccoli ritornare.

 

Con ricordi ammutoliti

zittisti quegli arditi.

 

E tu sapesti racimolare

que’ due o tre spicci nella mano a tremolare.

 

Criatura,

ormai stanca,

ci guardasti senza rabbia.

 

Ora e dimora di vita vivace

c’animasti a tutti d’umanità verace.

 

A Maria

Sotto i bombardamenti


Sotto i bombardamenti,

hai lasciato i tuoi segni nel selciato.

Come impronte di storia

impresse sul sentiero di casa.

 

I tuoi passi sui ciottoli,

ricordavano il torrente impetuoso

che incessante leviga le pietre,

come il tempo fa con le mani.

 

E quelle mani impastate di rosso,

che colgono la polpa dal verde,

e la porgono a oriente-“alter”,

laddove, ed in cui, la pace è concessa.

 

E’ il sudore di chi l’infanzia l’ha vista,

e vissuta nel rumore umile e discreto della croce,

del passo felpato del gatto,

che è ora, come allora, forza motrice raccolta dal vento.

 

Ed è in quel lavoro che hai tessuto le forme nell’ambra;

ed è in quella linfa che la vita ti ha donato,

alla quale hai sorriso e a tua volta donato,

quella forza che fu sempre tua e mai ti ha lasciato.

 

A Francesca

بجاية (Béjaïa) Bugìa


 

Lì si increspa terra gaia,

le pendici di Cabilia,

alla baia di Béjaïa¹,

 

Le api si scaldavano gli stomaci,

vomitavano gli intonaci

e nutrivano voraci

 

bianchi martìri di cera

appiccava la pantera

nella Vaga, nella gola, la galera

 

masticando pece e denti

con allori putrescenti

si ammaestravano i credenti

 

ogni fila ha il suo colore

ogni riga il suo dolore

ogni croce il suo candore

 

E così senza traguardi

tralla polpa dei codardi,

la processione di muti sguardi.

 

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¹bugìa s. f. [dal nome della città algerina di Bugìa (arabo Bejaïa, fr. Bougie), che esportava cera per candele; in origine il fr. bougie indicò appunto la cera per candele]. 

 

 

 

Il Disordine delle Cose


Perseo macchiato dal sangue di Medusa
f o r t i f i c ò            Micene
nei miti dell’uomo antico
Dèi e uomini                           suonavano le stesse Arpe

 

La materia del sogno non emette sentenze

ma                           simboli

Lilith abbraccia il serpente

demone, moglie,                   amante, Grande Madre

 

Nel disordine delle cose

quali passi descrivono la notte?

A ritmo incatenato di frasi (in)dotte

meteore echeggiano nelle prime serate afose.

 

“Mescaline” sostanze

riempiono i muri delle stanze:

specchio come anfiteatro

spettatore malcelato.

 

Ovunque risieda l’armonia

negli astri o nell’Anello di Gige

è una canzone d’utopia

che splende soltanto negli occhi di chi vige.

Ora


E venivi dalla pioggia,

e l’aria rarefatta e umida dei vicoli

dilatava i ciottoli madidi.

Nelle pozze,

vischio e mari dolci,

vi si riflettevano allucinazioni sospese:

cielo-in-terra.

S’infrangevano i passi sul sogno,

increspato con metro di realtà.

Per un attimo era armonia senza contesto.

Melodia senza costante.

Poi quiete e di nuovo, musica.

Erano solo parole


Le parole: tentativi,

approssimazioni reiterate

di esprimere l’intangibile,

corpo e mutata forma di…[parola].

Simboli viscerali e congiunzioni razionali.

Si sospendono nell’accoglienza.

Le grammatiche dei suoni

barattano significati.

 

Sui ring si combattono

guerre di logoramento.