Provasti a ridurre lo Stige a mera materia
l’odio a conati elettrochimici
Surrogati pantomimici
Di desideri erratici
Provasti a ridurre lo Stige a mera materia
l’odio a conati elettrochimici
Surrogati pantomimici
Di desideri erratici
Gravido è il destino
nel grembo dell’alterità.
Suppellettili si stanziano assecondate dal silenzio,
soffocate nel marmo,
puntellato dal cosmo.
E il pulviscolo recalcitrante infrange la luce del dipanarsi mattutino
come microscopiche ombre silenziose si mescolano e si intona(ca)no con i pori delle pareti bianche.
E’ facile perdersi nel vischio, tra le nubi?
Qui ed ora, solido, asceso, l’arto infrange l’anta
che cigola e sbatte sul tendaggio sbranando il vetro,
e l’impeto ritorna a Kanawaga, dove l’ o n d a spumeggiante
attraversa l’ombra dell’eco del legno gracchiante;
di quelle navi ormai svanite,
saturando la bisaccia della luce di infinitesimali grani
come credi,
incastonati puri,
nelle lucenti mani.
Respiri.
Nel campo umano
come filari di bisce al sole
– si attraggono le viti –
– e si annodano le vite –
– si catturano le viti –
– e rifuggono le vite –
nel chiasso dell’estate va spremuta l’uva
come frattaglie sgocciolanti
si abbacinano nelle pieghe delle mani muschiose.
Il tino raccoglie la linfa
e come modesto mosto mostra la purea dei nostri mostri
Figliuledda,
venisti dal borgo
crescesti nel volgo.
Lasciasti a memoria
zoccoli e baldoria.
Nelle terre del Rinascimento,
trovarsi giovamento…
Nell’umile insenatura
spazzavi segatura.
Con la mano sul fianco
calibravi l’ammanco;
di coloro che ti facevan bruciare,
e a quegli zoccoli ritornare.
Con ricordi ammutoliti
zittisti quegli arditi.
E tu sapesti racimolare
que’ due o tre spicci nella mano a tremolare.
Criatura,
ormai stanca,
ci guardasti senza rabbia.
Ora e dimora di vita vivace
c’animasti a tutti d’umanità verace.
A Maria
Sotto i bombardamenti,
hai lasciato i tuoi segni nel selciato.
Come impronte di storia
impresse sul sentiero di casa.
I tuoi passi sui ciottoli,
ricordavano il torrente impetuoso
che incessante leviga le pietre,
come il tempo fa con le mani.
E quelle mani impastate di rosso,
che colgono la polpa dal verde,
e la porgono a oriente-“alter”,
laddove, ed in cui, la pace è concessa.
E’ il sudore di chi l’infanzia l’ha vista,
e vissuta nel rumore umile e discreto della croce,
del passo felpato del gatto,
che è ora, come allora, forza motrice raccolta dal vento.
Ed è in quel lavoro che hai tessuto le forme nell’ambra;
ed è in quella linfa che la vita ti ha donato,
alla quale hai sorriso e a tua volta donato,
quella forza che fu sempre tua e mai ti ha lasciato.
A Francesca
Lì si increspa terra gaia,
le pendici di Cabilia,
Le api si scaldavano gli stomaci,
vomitavano gli intonaci
e nutrivano voraci
bianchi martìri di cera
appiccava la pantera
nella Vaga, nella gola, la galera
masticando pece e denti
con allori putrescenti
si ammaestravano i credenti
ogni fila ha il suo colore
ogni riga il suo dolore
ogni croce il suo candore
E così senza traguardi
tralla polpa dei codardi,
la processione di muti sguardi.
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Perseo macchiato dal sangue di Medusa
f o r t i f i c ò Micene
nei miti dell’uomo antico
Dèi e uomini suonavano le stesse Arpe
La materia del sogno non emette sentenze
ma simboli
Lilith abbraccia il serpente
demone, moglie, amante, Grande Madre
Nel disordine delle cose
quali passi descrivono la notte?
A ritmo incatenato di frasi (in)dotte
meteore echeggiano nelle prime serate afose.
“Mescaline” sostanze
riempiono i muri delle stanze:
specchio come anfiteatro
spettatore malcelato.
Ovunque risieda l’armonia
negli astri o nell’Anello di Gige
è una canzone d’utopia
che splende soltanto negli occhi di chi vige.
E venivi dalla pioggia,
e l’aria rarefatta e umida dei vicoli
dilatava i ciottoli madidi.
Nelle pozze,
vischio e mari dolci,
vi si riflettevano allucinazioni sospese:
cielo-in-terra.
S’infrangevano i passi sul sogno,
increspato con metro di realtà.
Per un attimo era armonia senza contesto.
Melodia senza costante.
Poi quiete e di nuovo, musica.
Le parole: tentativi,
approssimazioni reiterate
di esprimere l’intangibile,
corpo e mutata forma di…[parola].
Simboli viscerali e congiunzioni razionali.
Si sospendono nell’accoglienza.
Le grammatiche dei suoni
barattano significati.
Sui ring si combattono
guerre di logoramento.
Ci sarebbe da gettare l’anc(ó)ra,
ma la notte è un mare in tempesta.